Discorso di Mons. Santoro al termine della Processione del Corpus Domini

Piazza della Vittoria, 23 Giugno 2019

Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento

Cari fratelli e sorelle,

al termine di questa splendida processione dovremmo sentirci tutti più pieni di gratitudine, poveri di noi e più ricchi di Dio. Raccoglierci intorno al Pane Santo è indispensabile perché la nostra vita ritrovi il suo significato più vero nel rapporto con Gesù e nel il profumo della comunione. È come se lungo il percorso avessimo rivissuto quell’esperienza del vangelo di Luca ascoltata nella messa di oggi quando i discepoli costatano di fronte a tanta gente di avere poco, di possedere mezzi insufficienti per dar da mangiare a tutti: «Non abbiamo che cinque pani e due pesciolini».  Eppure siamo tanti. Quante insufficienze, inadeguatezze, mancanze vengono superate e che però possono essere rese proficue per il popolo, quando si vive la grazia  della eucaristia. La moltiplicazione miracolosa del pane e del pesce è figura profetica del dono della vita di Gesù a ciascuno di noi. Senza le mani di Cristo che spezzano il pane, senza gli occhi di Gesù che guarda verso l’alto, congiungendo la terra e il cielo, senza il gesto del Signore che nella frazione del pane avvicina ognuno di noi alla tavola del Regno e ci rende fratelli e sorelle, siamo poca cosa, semplici creature disperse  e distratte dalla mentalità dominante e dagli affanni della vita.

In questo Sacramento ammirabile  si dona a noi l’amore « più grande », quello che spinge a « dare la vita per i propri amici » (Gv 15,13). Gesù, infatti, « li amò fino alla fine » (Gv 13,1). “Con questa espressione, l’Evangelista introduce il gesto di infinita umiltà da Lui compiuto: prima di morire sulla croce per noi, messosi un asciugatoio attorno ai fianchi, Egli lava i piedi ai suoi discepoli. Allo stesso modo, Gesù nel Sacramento eucaristico continua ad amarci « fino alla fine », fino al dono del suo corpo e del suo sangue. Quale stupore deve aver preso il cuore degli Apostoli di fronte ai gesti e alle parole del Signore durante quella Cena! Quale meraviglia deve suscitare anche nel nostro cuore il Mistero eucaristico!” (Sacr. Car. 1)

Oggi infatti noi siamo a celebrare l’indispensabile presenza reale del Risorto in mezzo a noi; il suo farsi nutrimento e farmaco ci ha moltiplicati questa sera, così come moltiplica i nostri sforzi e rende feconde le nostre azioni. Senza questo pane non potremmo far nulla. Una Chiesa che non celebra l’Eucarestia, che non mangia il Corpo del Signore, può fare tante cose ma non può annunciare ciò che il mondo si aspetta e di cui ha bisogno: l’eternità. Ha detto oggi papa Francesco: “L’Eucaristia ci prepara un posto nell’eternità, perché è il Pane del cielo”.

Nella moltiplicazione dei pani e dei pesci c’è un timido iniziale gesto di condivisione controcorrente. È un gesto rischioso se si pensa di mettere in gioco quelle briciole di colazione in mezzo ad una folla affamata. Con l’Eucarestia posta in mezzo alle case degli uomini Dio riaccende il roveto ardente che arde e mai si consuma, quello della gratuità e del dono che dura per sempre. Per questo l’Eucaristia non è il pane del mondo, ma il pane di cui il mondo ha bisogno.

Guardando al pane eucaristico nella nostra preghiera e cibandoci di esso nella messa, noi dovremmo continuamente sovvertire il pensiero dominante del mondo soppiantandolo, con coraggio, con il pensiero di Dio. Chi ci frequenta dovrebbe trovare persone rinnovate perché amate da Dio.  Anche noi, nei nostri ambienti ecclesiali dobbiamo cambiare gli atteggiamenti della mentalità mondana: arrivismo, sete di visibilità, indifferenza, mancanza di tempo per l’ascolto e l’accoglienza. A partire da noi sacerdoti chiediamo a Gesù eucaristico di cambiarci il cuore dando testimonianza di una mentalità nuova che non pone al centro il nostro amor proprio, ma l’amore al Signore e l’apertura e l’accoglienza ai fratelli, in particolare ai più poveri, ai nostri e a quelli che vengono da fuori fuggendo dalla fame, da guerre e da violenze. L’Eucaristia è il pane dell’amore, dell’accoglienza e del perdono.

Il pane eucaristico è la comunione! Che parola meravigliosa è la comunione, dimenticata completamente dal sentire contemporaneo. La comunione che si traduce in amore e rispetto per i fratelli, le sorelle e la casa comune, l’ambiente in cui viviamo.

Voglio condividere insieme con voi alcune parole che il nostro amato papa ha pronunciato nell’omelia della messa di Pentecoste.Chiediamo davanti al Santissimo Sacramento il dono dell’ Armonia e della pace interiore.

«Oggi, nella fretta che il nostro tempo ci impone, – dice papa Francesco – sembra che l’armonia sia emarginata: tirati da mille parti rischiamo di scoppiare, sollecitati da un nervosismo continuo che fa reagire male a ogni cosa. Senza lo Spirito la vita cristiana è sfilacciata, priva dell’amore che tutto unisce.  Oggi nel mondo le disarmonie sono diventate vere e proprie divisioni: c’è chi ha troppo e c’è chi nulla, c’è chi cerca di vivere cent’anni e chi non può venire alla luce. Nell’era dei computer si sta a distanza: più “social”, ma meno sociali».

Una delle più belle giaculatorie del culto eucaristico loda Dio perché, così come donò la manna nel deserto, ci dona ora, nell’Eucarestia un altro pane nuovo ma eterno, che discende dal cielo portando in sé ogni dolcezza.”

Hai dato loro il pane del cielo; che porta con sé ogni dolcezza”. Questa dolcezza la dobbiamo invocare nel nostro cuore e nei nostri rapporti.

«Va di moda – sono sempre le parole del papa – aggettivare, purtroppo anche insultare. Possiamo dire che noi viviamo una cultura dell’aggettivo che dimentica il sostantivo delle cose; e anche in una cultura dell’insulto, che è la prima risposta ad un’opinione che io non condivido. Poi ci rendiamo conto che fa male, a chi è insultato ma anche a chi insulta. Rendendo male per male, passando da vittime a carnefici, non si vive bene. Gli uomini spirituali rendono bene per male, rispondono all’arroganza con mitezza, alla cattiveria con bontà, al frastuono col silenzio, alle chiacchiere con la preghiera, al disfattismo col sorriso». E anche in questo vogliamo seguire papa Francesco, che salutiamo.

Questa Eucarestia fa la Chiesa e ce lo dobbiamo ricordare soprattutto noi sacerdoti che non possiamo mai prescindere dall’esperienza eucaristica che per noi è fondamentale. Fare Eucarestia vuol dire impegnarsi per la comunione ecclesiale: il Signore non è contento di noi quando non siamo una comunità. Gesù è glorificato quando siamo uniti, quando non viviamo diaspore di impegni, visioni e personalismi, ma ci apparteniamo gli uni gli altri. Solo da questo ci riconosceranno. Per questo dico ai miei sacerdoti che mentre vi ringrazio per le fatiche anche di questo anno pastorale che volge al termine, vi esorto a perseverare nella strada della comunione presbiterale che costituisce una priorità irrinunciabile. L’invito alla comunione mediante la nostra testimonianza è esteso ai diaconi, ai religiosi e alle religiose e a tutte la nostra ricca e molteplice comunità diocesana. Da questa coerenza col corpo di Cristo e da questo desiderio di creare una comunità deve sempre ripartire la vita di chi crede ed è il segno bello per tutta la nostra società. Il pane spezzato è bello solo quando è un pane condiviso.

Con la processione del Corpus Domini noi abbiamo celebrato un atto di culto, di adorazione e al medesimo tempo sentiamo il Signore  così vicino  tanto che  gli rivolgiamo fiduciosi le nostre preghiere. E così, come sono tornato a fare in questi giorni dinanzi al potere economico, continuo a rivolgere al Signore, , le suppliche degli ammalati di tutti i tipi e in particolare gli ammalati di cancro per causa dell’inquinamento e  per i lavoratori che vedono nuovamente in pericolo il loro posto di lavoro. Sono un Pastore e mi colpiscono le facce della gente; lavoro e ambiente sono cose concretissime come due figli e tutti e due si devono salvare. Preghiamo anche per i gravi problemi degli alunni delle scuole del Rione Tamburi e delle loro famiglie. Ho sentito insegnanti e tante mamme davvero disorientate. Non possiamo far cadere nel nulla il loro grido. Come anche è ora di un effettivo e robusto interesse per la ricostruzione umana e urbanistica della Città vecchia. La prima risposta alla nostra preghiera siamo noi stessi con la nostra fede e la nostra azione. Una antica preghiera, presente in un testo, La Tradizione Apostolica, dopo aver descritto la solenne celebrazione della veglia pasquale, conclude con queste parole: “Terminato questo rituale, ciascuno si curi di compiere buone azioni, di piacere a Dio e di vivere rettamente, aderendo con zelo ai principi della Chiesa, mettendo in pratica gli insegnamenti ricevuti e progredendo nella pietà”.

Torniamo a casa col cuore pieno di gratitudine e col desiderio di portare a tutti l’amore del Signore nelle nostre azioni, in gesti concreti.

Papa Francesco ci ha richiamato la “santità della porta accanto”; che possiamo essere anche noi costruttori di rapporti nuovi, di una vita sociale più unita, che non rinunci al dialogo  e a far presente particolarmente a chi ci governa le nostre più elementari esigenze, di salute, di sviluppo sostenibile, di un lavoro degno, che soprattutto per molti giovani è ancora un sogno. La santità è un grande incentivo all’azione come ha fatto un giovane che è nel processo verso la beatificazione, Carlo Acutis. Lui nell’infanzia ha scoperto  una persona speciale, Gesù nel tabernacolo; e allo stesso tempo è amico dei domestici e dei poveri ed è anche un genio dell’informatica. Aveva un grande desiderio di far conoscere a tutti Gesù. Un giorno rivelò il suo segreto: “L’Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo”.

Anche noi posiamo e dobbiamo rialzarci da questa benedizione con il desiderio di fare conoscere a tutti Gesù e di fare qualcosa per il prossimo, di mettere le mani in pasta per il futuro della nostra Taranto, della nostra arcidiocesi e della nostra terra. Dio ci dia sempre questo pane del cielo perché quotidianamente abbiamo la forza di costruire il Regno di Dio ed una vita sociale più giusta ed umana, nel rispetto del nostro pianeta e offrendo un futuro degno ai nostri figli.

Disponiamoci quindi ad accogliere la benedizione eucaristica. Ecco il pane della nostra elezione al banchetto dei figli di Dio, ecco il cibo dei battezzati, pellegrini discepoli del Vangelo, ecco il nutrimento degli angeli e dei santi.

Il Signore Gesù, presente in mezzo a noi vi benedica tutti.

Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento.