10 maggio 2018

Discorso di Monsignor Filippo Santoro durante la Processione di S. Cataldo

Balcone della Chiesa del Carmine in Taranto

Carissimi fratelli e sorelle,

mi verrebbe da ripetere con l’autore della Lettera agli Ebrei quell’inciso che introduce gli accenni alla bella vicenda di Abramo e di Sara nella Sacra Scrittura:

per fede Abramo partì, per fede Abramo soggiornò nella terra promessa  e piantò le sue tende, per fede insieme con Sara ebbe una discendenza più numerosa delle stelle del cielo. Perché la fede è il fondamento, è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono (cfr Eb 11,1-2.8-19).

Questa certezza voglio indicare con voi questa sera. Mentre il mondo ci fa assaporare la precarietà e l’incertezza dove l’unica cosa davvero garantita è la morte, la fede in Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato nella nostra storia, nella storia di ogni uomo e di ogni giorno è per noi, invece, il porto sicuro e l’approdo, l’àncora e la speranza, la via, la verità e la vita.

Oggi la festa di san Cataldo, vescovo di Taranto, è l’occasione per essere riconfermati nella fede nel Cristo Risorto. Veramente risorto!

Camminando insieme per le strade, dalla cattedrale alla città e poi ancora alla cattedrale esprimiamo visivamente l’esistenza di una fonte e di un culmine e di un popolo a cui apparteniamo. I passi ci ricordano che abbiamo bisogno dell’aiuto della Misericordia di Dio e che ci dobbiamo aiutare gli uni gli altri ma che condividiamo un solo Vangelo, una sola Chiesa e siamo un solo corpo.

Si è sempre più tentati di costruirsi una fede per proprio conto, fai da te, a misura di ciascuno, ma questa non è la fede cattolica, non è quella la fede che ci scomoda, che ci spinge, che ci provoca, che ci fa uscire, non è quella la fede di Cataldo che si è lasciato ferire da questa città, che ha riconosciuto in essa il disegno di Dio, la destinataria della sua azione pastorale. Anche noi oggi vogliamo chiedere a Cataldo la sua fede, scevra di ogni individualismo e narcisismo, quella indicata nel Vangelo che ci spinge a donare la vita e non a conservarla per sé.

Fin da piccoli abbiamo imparato che la fede è una virtù che ci viene donata,  allora oggi a chiediamo e impariamo ricevere questo regalo della Trinità.

San Cataldo è un dono per Taranto, un dono che dobbiamo custodire e condividere, un dono che ci ha resi degni nell’atto stesso di riceverlo, perché è l’essere amati da Dio che ci cambia la vita. Dio non è stato avaro con questa città, con i suoi figli, e non ritirerà mai la sua mano da essa. Un dono sì grande per il mare, per la terra, per questo cielo terso, per le innumerevoli possibilità che andiamo via via scoprendo e riscoprendo. Oggi ringraziamo Dio per il dono della santità del vescovo Cataldo che è per ognuno di noi. Come papa Francesco ci ha ricordato di recente nella sua esortazione apostolica Gaudete ed Exultate, il dono della santità è per ciascuno di noi ed è fonte gioia e di beatitudine, è quella “fermezza interiore, che è opera della grazia, ci preserva dal lasciarci trascinare dalla violenza che invade la vita sociale, perché la grazia smorza la vanità e rende possibile la mitezza del cuore. Il santo non spreca le sue energie lamentandosi degli errori altrui, è capace di fare silenzio davanti ai difetti dei fratelli ed evita la violenza verbale che distrugge e maltratta, perché non si ritiene degno di essere duro con gli altri, ma piuttosto li considera «superiori a sé stesso». (Esortazione apostolica Gaudete ed Exultate n.116).

Che cosa dona a noi Cataldo ancora oggi? Il Vangelo di Gesù Cristo. Il Vangelo è il fermento di novità e di cambiamento, è la bella notizia che ci fa accorgere della vicinanza di Dio e che niente è perduto. Accogliamo dalle mani del vescovo Cataldo il Vangelo, vogliamo farlo senza paura, senza timore. Quando il papa è stato a Molfetta mi sono permesso di consegnargli una lettera. Molti poi mi hanno chiesto del contenuto. È la lettera di Giusy, una donna malata di Sla che parla solo attraverso  l’ausilio di apparecchiature informatiche e che desiderava avere un contatto con il Santo Padre. Ebbene io vi faccio una confidenza, quando vado ad incontrare Giusy, e anche altre persone nelle sue stesse condizioni, la mia fede rifiorisce per la gioia con la quale riesce a contagiarmi e lì mi rendo conto che questo grande dono riesce a cambiarci gli occhi e il cuore. Gesù cambia l’acqua in vino, moltiplica la gioia, fa risorgere dai morti e dona la vita. Noi tarantini potremmo anche avere più condizioni favorevoli, potremmo batterci per tante battaglie giuste e sacrosante come quelle di questi anni della salute e del lavoro, e questo va bene. Il nostro san Cataldo innanzitutto oggi da buon padre sembra chiederci di voler cambiare il nostro cuore, di essere disponibili alla comunione, al bene reciproco, senza giudizi, senza pregiudizi, senza cattiverie gratuite, senza paura di perdere primati.

Taranto tante volte, come ogni angolo d’Italia è lo specchio di un Paese che non riesce ad accordarsi per il bene comune. Il panorama politico e l’incertezza rimane un elemento desolante che speriamo si possa superare anche in un confronto serio tra governo e opposizione in vista del bene comunee non di logiche di potere o interessi di parte. Ma oggi siamo qui, forti di una tradizione tutta meridionale costituita da valori resistenti e durevoli, siamo ancora e continueremo sempre città di questo Mediterraneo, Mare Nostrum, crocevia di popoli, bacino della prima Evangelizzazione di Pietro, di Paolo, di Cataldo.

Parafrasando una frase di Giovanni Paolo II, dobbiamo prendere la nostra città e farne un capolavoro.

Ho avuto modo di ricordare nel messaggio al nostro sindaco dell’8 di maggio le cose belle che sono avvenute in questi mesi come le inaugurazioni degli edifici storici che, non senza sacrifici e difficoltà, la curia arcivescovile ha ristrutturato e restituito alla fruizione, come anche quelli della pubblica amministrazione inaugurati nei mesi scorsi.

In questi ultimi mesi ha visto la luce  il centro di accoglienza per i migranti “Madre Teresa di Calcutta” che ha trovato posto nell’ex convento delle Carmelitane Scalze al quartiere Paolo VI.

Subito dopo, abbiamo inaugurato il centro notturno San Cataldo Vescovo, per i senza fissa dimora nel già Palazzo Santacroce, in Città vecchia.

Abbiamo visto il grande affetto popolare che ha accompagnato l’apertura straordinaria, in attesa della conclusione dei lavori del Santuario della Madonna della Salute.

Vorrei anche fare cenno alla realtà del mondo delle associazioni tarantine, i molti volontari di associazioni cattoliche e laiche che testimoniano passione per i poveri, per i sofferenti ma anche per i beni artistici e le attività culturali. Credo che Taranto debba molto al loro operato.

Ripeto anche oggi alla città: non lasciamo devastare l’ambiente e non lasciamo soli gli operai, le loro famiglie, che più di ogni altro hanno subìto i danni della ricerca del profitto che non considera la persona umana e la terra, la nostra casa comune.

Invito tutti ad accogliere in dono la santità del Vescovo Cataldo, nostro patrono, dal più piccolo al più grande ed invoco la benedizione di Dio a conclusione di questa festa che quest’anno ho voluto chiamare festa di chi non si dimentica di nessuno, la festa di chi vuole cambiare le cose, la festa dell’appartenenza, la festa di chi conosce il mare, anche il mare grosso, di chi lo sa solcare, di chi porta la nave in porto.

Taranto fidati di Dio perché il Signore non si allontanerà mai da te!

A tutti il mio abbraccio e la Benedizione del Signore