12 Luglio 2018

Omelia nella Celebrazione Eucaristica del suo 70° genetliaco

Basilica Cattedrale di San Cataldo in Taranto

Carissimi Fratelli e sorelle, gentili autorità,

vi ringrazio per la vostra presenza, per questa attestazione di affetto che passa nel segno della fede. Celebriamo la Santa Messa in un genetliaco per il semplice fatto che in Lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come ci ricorda San Paolo negli Atti degli Apostoli (cfr At 17,28).
Nel momento in cui ho scelto il brano evangelico or ora proclamato, il mio pensiero di gratitudine è corso veloce alla mia famiglia, ai miei genitori che mi hanno donato la vita e soprattutto il battesimo.

  1. La famiglia è il campo evangelico in cui Dio si nasconde, quale tesoro inestimabile, il cui valore ci da la possibilità di riscattare i nostri affetti e la nostra nativa libertà, insegnandoci l’amore e il perdono.

Più gli anni avanzano e più diventa nitido il percorso della vita che ha alcune pietre miliari di fondamentale importanza. Nella mia casa ho imparato come tanti,la dignità del lavoro, il valore del sacrificio e la robustezza della fede quest’ultima che passava dalla sicurezza con cui mio padre mi educava alla legalità alla tenerezza con cui mia mamma mi ha insegnato fin da piccolo ad affidarmi alla Vergine e a san Filippo, trasmettendomi il confidare nella protezione del cielo con fiducia piena. Dobbiamo benedire il dono della famiglia, lì è nascosto il Tesoro del Regno di Dio. Questo Tesoro è nascosto nella ferialità e nella semplicità delle nostre parrocchie, dei nostri preti, di nostri catechisti, che ci hanno insegnato anche con mezzi apparentemente poveri che i nostri giorni, il nostro tempo possono essere lo spazio dell’incontro con Dio. Quanta grazia quotidianamente ci inonda e rende feconda ogni età e stagione dei nostri anni. Oggi non sarei qui con voi se tanti incontri non avessero acceso in me la passione di diventare cacciatore di perle, per poi appassionarmi alla perla più preziosa.

  1. Nelle medie superiori quando già ero in seminario ho poi visto che quel tesoro nascosto nel campo, quella perla preziosa diventava poco a poco una grande domanda, la domanda sul mio destino: cosa sarà di me? E negli anni dell’università, studiando a Roma,  attraverso degli amici trovati nel nuovo seminario, quella cosa immensa, che è il Destino per cui siamo fatti, si è posta sul mio cammino in un incontro, i suoi tratti si sono poco a poco chiariti in volti concreti che mi mostravano Cristo non come un insieme di norme obsolete, ma come l’infinito presente in un volto concreto: luce al pensiero, fuoco al cuore, desiderio ardente del bene, lotta contro le ingiustizie (eravamo nel ’68), gusto più intenso nei rapporti, inizio di un mondo nuovo. Mi colpiva l’audacia della rivolta dei contestatori, ma un giorno uno di loro che si era convertito mi disse: “mettevamo in crisi tutto, ma non  noi stessi e il perché del cuore che permaneva insoddisfatto anche dopo le grandi manifestazioni”. E poi attraverso don Giussani mi risuonarono le parole “Che giova guadagnare il mondo intero se poi perdi te stesso?” ed ancora il vangelo di ieri, festa di San Benedetto. “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi  per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”. Così anche per me  nella ricerca di perle preziose è accaduto di incontrare la perla più bella n che ti fa vendere tutto per ottenerla.

La perla più bella, che vale qualsiasi cosa, qualsiasi prezzo, qualsiasi sacrificio è il Signore.
È Lui la perla di grande valore! La perla è il Cristo in croce e risorto che ha mostrato in un solo colpo d’occhio la serietà del sacrificio, il fascino dell’amore che si immola e si versa totalmente e il profumo della Risurrezione, cioè dell’amore che non avrà mai fine e che noi cominciamo già ora a sperimentare. E così quella luce, se la segui diventa sempre più tua, più viva, più familiare. Insieme a Papa Francesco siamo chiamati ad indicare dove abita e dove si può trovare quella luce.
Sia che si tratti delle favelas di Rio o delle spiagge di Copacabana o nella complessa situazione tarantina proporre non appena dei riti, ma un’amicizia in cui il Mistero, il Destino si rivela, come fonte di giustizia, di dignità e quindi come difesa della vita, della salute, del lavoro. Perciò alimentiamo la passione al cambiamento come venendo su questi lidi ha fatto San Cataldo.
Non ci sostituiamo ad altre istituzioni, ma indichiamo e richiamiamo il valore di ogni singola persona che non può essere venduta al profitto di un ingiusto sistema economico, o all’illusione dello sballo, dell’azzardo, dell’egoismo che respinge, della violenza e dell’illegalità. Vediamo positivamente l’imminente apertura del presidio dei Carabinieri in Città vecchia.

  1. È bello non solo vivere ma anche invitare i fratelli ad appassionarsi ad un cammino positivo. Oggi è il giorno degli auguri verso la mia persona, ma io vorrei rigirare soprattutto ai giovani l’augurio del lasciarsi ferire dalla goccia del Vangelo perché si impianti e cresca in ciascuno la perla preziosa. È Gesù che dona giovinezza anche nei giorni della maturità. Anche se gli anni sono volati, sento il cuore di sempre, quello giovane, quello pronto e entusiasta, perché è la vocazione che dona questa forza ed è pronta a donarla a ciascuno di noi. Sono stato prete e ora sono vescovo, vivendo in un’epoca di grandi cambiamenti per la Chiesa e per il mondo intero. Sono nato pochi anni dopo la fine  la Seconda Guerra Mondiale, ho visto nella mia infanzia il lento ma vigoroso rialzarsi di un popolo, sono poi entrato in seminario e sono diventato prete nel pieno della stagione del Concilio Vaticano II, mi sono lasciato provocare al discernimento nel vento dei grandi cambiamenti, e poi , grazie ad incontri provvidenziali ho incontrato persone ed amici che hanno donato sapore a tutto quello che il Signore man mano mi stava donando, ho vissuto l’esperienza che tutti possiamo fare ovvero quella di incrociare la presenza del Mistero tra noi. Come dice il mio stemma “Verbum caro factum”, il Verbo diventato visibile e amico e che ci rende amici.

Perché nel cammino della vita siamo chiamati a fare comunione per non essere mai soli. Le primizie del mio sacerdozio le ho vissute studiando ed insegnando, poi come tutti sapete, sono partito per il Brasile, perché non c’è fede se non c’è viaggio; bisogna uscire, prendere il largo, lasciarsi attrarre, da colui che come ha fatto con il grande padre Abramo, ci offre una promessa più dalle stelle del cielo e della sabbia del mare.
Oggi, qui, in questa diocesi così antica e prestigiosa, sulla cattedra di questo grande pastore San Cataldo sono ad esortarvi perché la nostra comunità non sia mai spettatrice del mondo che chiede da noi continuamente luce e sale. Dobbiamo sporcarci le mani ed essere in mezzo al Popolo di Dio. Certo viviamo tempi di disorientamento, di povertà umana ed intellettuale, dove si sprecano giudizi, ci si rincorre sui fili delle dichiarazioni cercando di fabbricare consensi, ma l’esperienza più arricchente della vita rimane quella di andare aldilà delle parole, di vincere ogni barriera lanciando ponti di prossimità, di amicizia, di presenze autentiche, di amicizia perché Cristo attraverso di noi vuole rendere possibile il suo abbraccio ad ogni uomo.

  1. C’è una presenza nella mia vita sacerdotale importantissima che tengo per ultima perché ad essa come alla conclusione di ogni giornata vogliamo affidarci reciprocamente. Parlo della Vergine Maria, la madre di Gesù e la nostra mamma perché continui a vegliare su ciascuno di noi e ci custodisca sotto il suo manto. Per questo, dopo il Centro notturno San Cataldo Vescovo, l’opera a cui più tengo è il recupero per il nostro popolo del Santuario della Madonna della Salute, tanto caro ai tarantini e nodo strategico in forza del suo stesso nome per il bene la vita  e per la crescita di tutto il nostro territorio.

Il segreto è accogliere pieni di gioia il tesoro nascosto nel campo e utilizzare la perla preziosa per il bene di tutti, farla diventare, preghiera, amicizia e passione sociale.
Così gli anni che passano non sono un lamento o un rimpianto, ma il compiersi misterioso di una promessa che comincia a realizzarsi come già è accaduto nella nostra storia dall’antica Grecia, a San Cataldo, a varie altre epoche, e, se siamo attenti e operativi può accadere nel nostro tempo, in questo inizio di nuovo millennio.

Grazie a tutti per l’affetto e per gli auguri e il Signore vi benedica.

+ Filippo, Arcivescovo