6 gennaio 2018

Omelia nella Solennità dell’Epifania

Concattedrale Gran Madre di Dio in Taranto

Il messaggio dell’Epifania è la chiamata alla salvezza di tutte le genti. Per ogni persona è offerta la luce che viene dal Signore per il cammino dell’esistenza. I Magi sono il segno dei popoli che cercano qualcosa che illumini tutta la vita.
In una celebre omelia Papa Benedetto XVI diceva: ‘Che cosa li ha fatto partire?’.Li ha fatti partire il desiderio della verità che è dentro il cuore di ogni persona, di ogni uomo, di ogni donna. Il desiderio della verità li ha mossi nella ricerca; attraverso la stella i Magi cercano una luce più grande, più bella di quella delle stelle; una luce che non si spegne, una luce che non scompare. Cercavano il bene perché non si accontentavano semplicemente di sopravvivere, nelle vicende, nelle difficoltà di tutti i giorni, ma cercavano la verità, una luce per il quotidiano e per il destino. Questo li ha mossi. Sono stati mossi da un segno, dall’apparire della stella. Hanno trovato un segno e lo hanno seguito. Quella stella è stata il segnale da cui si sono sentiti chiamati, il segnale della vocazione. Si sono mossi perché attraverso il segno sono stati chiamati. È sempre la realtà che ci chiama, la realtà che fa scaturire la nostra risposta e ci accorgiamo che il Signore attraverso i segni ci chiama a cercare la verità, a cercare Lui. E per ciascuno di noi i segni sono importanti. Voi vedete anche oggi i sacerdoti, il capitolo metropolitano; qualcuno è raffreddato come tantissimi altri del popolo di Dio, poiché, l’influenza prende pure i canonici; il segno è quello dell’unità dei sacerdoti con il vescovo e dell’unità di tutto il popolo di Dio. Con i segni il Signore ci chiama e ci sollecita ad una risposta, a cercarlo di più, ad incontrare qualcosa di ancora più grande. La risposta dei Magi è stata il mettersi in cammino, in questo dire di sì, in questo non rimanere fermi.
Quando una realtà provoca, quando un annuncio provoca, bisogna mettere in moto la ragione innanzitutto. Essa, si muove e vuole sapere, vuole conoscere, vuole la risposta, e si muove sempre, particolarmente nell’età tipica della ricerca che è la gioventù. Poi, uno si adegua, si conforma, si siede; anche se mai la ragione scompare ma ci accompagna perciò è necessario muoversi, prendere sul serio i segni che il Signore ci offre.
I Magi si sono mossi e sono stati condotti fino a Betlemme e lì la stella, dopo l’intervallo dell’incontro con Erode, è riapparsa e ha a illuminato la grotta col bambino e si sono avvicinati, ed hanno manifestato tutta la loro gioia e gli hanno offerto i loro doni: l’oro, l’incenso e la mirra. L’oro per il re, l’incenso per il Signore del cielo e della terra, la mirra per colui che dopo il sacrificio della vita con la morte, sarebbe stato unto con l’unguento, olocausto per la salvezza di ognuno di noi.
I Magi offrono i loro doni, sono chiamati, si mettono in cammino e offrono la vita, offrono quello che hanno. L’offerta definisce l’atteggiamento giusto di chi non fa una visita, un incontro senza offrire nulla, senza portare niente. E’ importante che ci sia il dono, che ci sia l’offerta a colui che è riconosciuto come il segno straordinario del cielo e della terra; costui merita il dono della nostra vita. E quindi anche tutto ciò che nella nostra tradizione si festeggia nell’Epifania, il fare regali, ha un significato cristiano, non pagano e consumistico; è il segno del dono che offriamo e riceviamo, il dono che siamo noi per gli altri.
L’offerta è importantissima, per cui apriamo gli scrigni della nostra vita e facciamo dono del meglio che abbiamo al Signore, perché quando offriamo il meglio al Signore noi lo riceviamo trasformato, rinnovato, arricchito ancora di più.
E dopo aver adorato il Bambino ed offerto i loro doni i Magi sono tornati ai loro paesi per un altro cammino; non sono passati più da Erode, hanno cambiato strada, non solo per evitare Erode, ma perché dopo l’incontro col Signore, sono cambiati, è cambiata la loro vita. Un’altra è la strada della vita perché è illuminata da quella luce, da quella presenza trovata in un Bambino: la Verità in carne e ossa, non lontana tra le stelle, ma vicina. Anche per noi attraverso un incontro, una circostanza , un amico, la Verità si è fatta vicina e si è mostrata, ne abbiamo sentito l’accento vero, come voce e luce sul nostro cammino quotidiano che non è più lo stesso di prima. E così ci troviamo cambiati per quell’ incontro che non ci lascia più ed anche noi cambiamo strada in un nuovo cammino.
In questa giornata dell’Epifania ricordo i sei anni del mio ministero qui a Taranto e allora, riguardando questo tempo passato, lo dicevo ai sacerdoti, il primo sentimento che provo è che, anche tra gli impegni, le difficoltà, le circostanze difficili, mi trovo ad essere contento.
Questa letizia perché?’perché ho risposto ad una vocazione, ad una chiamata e ho fatto un cammino. E poi l’ho fatto insieme con i sacerdoti, con i fedeli piccoli e grandi e con tante persone della nostra società; abbiamo camminato insieme per il bene della gente. Quindi sono contento per la chiamata del Signore e per la risposta alla vocazione che mi ha dato la grazia di vivere. La nota dominante che sento più vera non è costituita dai lamenti per i problemi, le difficoltà per quanto non funziona e non va, ma è la gratitudine per il fatto che abbiamo percorso un cammino a servizio del Signore e al servizio delle persone che ci sono state affidate. E questo senza dimenticare tutti i problemi che abbiamo, della salute, dell’ambiente, del lavoro, della città vecchia, problemi che conosciamo bene. E da questa gratitudine scaturisce un desiderio ancora più grande di essere vicino alle persone, alle domande, ai drammi, alle difficoltà della gente che soffre come segno della vicinanza del Signore, segno di una vicinanza che non risolve meccanicamente tutti i problemi, ma ce li fa vivere in modo costruttivo, capaci di dare un nostro contributo positivo.
In questo senso, solo per fare un esempio, un problema che all’inizio mi aveva toccato e ferito, era sapere che una famiglia dormiva in macchina per strada. Questo non mi ha lasciato tranquillo: così ho cominciato a pensare a quello che sarebbe diventato il nostro Centro notturno di accoglienza per senza tetto, ‘San Cataldo Vescovo’, che abbiamo inaugurato lo scorso novembre. E poi ancora, per i migranti, i rifugiati, è in funzione il monastero ‘Gesù sacerdote’ intitolato a Santa Teresa di Calcutta, che le Carmelitane hanno donato alla nostra Diocesi proprio per loro. Si tratta, di fatti, non di buoni propositi o sentimenti che portiamo avanti con la grazia del Signore e con la collaborazione di tutta la Chiesa e di tante persone di buona volontà. Non siamo rimasti affacciati sul balcone, ma ci siamo buttati nella realtà. Vogliamo essere sempre di più dentro la vita quotidiana, portatori di Cristo, non di soluzioni magiche, ma di una presenza che ci fa stare con il cuore spalancato, attenti, facendoci provocare, facendoci ferire dalla realtà, non perdendo le occasioni e le circostanze che ci sono offerte, non lasciandole cadere, ma accogliendole e dando il nostro contributo, di cuore e di intelligenza.

Domina il desiderio di quello che vi dicevo nei nostri primi incontri, di consumare la suola delle scarpe, cioè di continuare a vivere la nostra missione, la nostra presenza a tutti i livelli, in quest’anno particolare tra i giovani; questo è l’anno del Sinodo dei giovani. Ma quello che si dice per i giovani, vale per tutte le età, perché permette a tutti un risveglio, rispondendo alla nostra vocazione, nell’appartenenza ad un popolo, in un cammino di testimonianza non solitario, ma fatto insieme. Il motivo della contentezza nasce da questo cammino comune, sinodale con il Signore, con la Chiesa di Dio, con la gente.

E dopo questi sei anni in cui ho conosciuto la diocesi in tutti gli angoli e nei vari aspetti, è giunta l’ora di cominciare sistematicamente, la Visita Pastorale a tutte le parrocchie proprio per un’ulteriore vicinanza, per rafforzare i vincoli di appartenenza, portando insieme la luce del Signore che illumina le persone del nostro tempo.
La festa dell’Epifania ci ricorda che ciascuno di noi è chiamato ad essere per gli altri fonte di luce. E’ vero, la grande stella che ci illumina è il Signore, il Verbo fatto carne in mezzo a noi. Ma poi nella nostra vita ci sono delle stelle più piccole che sono le persone che hanno permesso l’incontro e queste sono importanti. Il mio augurio è che incontrando le persone nelle parrocchie, ciascuno di noi e tutta la Chiesa possiamo essere questa stella che illumina il cammino della nostra diocesi, della nostra società, per divenire come è successo per i Magi, portatori di una grande gioia e di una grande speranza.