Venerdì 26 giugno 2020

Ulteriori chiarimenti circa la distribuzione della Santa Comunione in tempo di “fase2” della pandemia

Carissimi Confratelli Sacerdoti e Diaconi,
Carissimi Accoliti e Ministri straordinari della Comunione,

come sapete, la ripresa delle Celebrazioni con la partecipazione del Popolo di Dio, per la cosiddetta fase 2 della gestione della pandemia di CoVid-19, è stata subordinata ad un Protocollo operativo, siglato dalla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Quel Protocollo ed il suo rispetto ci mettono al sicuro da due pericoli: il primo è quello di diventare noi stessi e le nostre Celebrazioni occasione di contagio ed il secondo è quello di ripercussioni sul piano amministrativo (e potenzialmente persino penale), giacché la responsabilità è in capo ai legali rappresentanti degli Enti Ecclesiastici, ovvero ai Parroci, Amministratori Parrocchiali e Rettori dei Santuari. Fintanto che applichiamo il Protocollo siamo al sicuro da questi due rischi.

Spesso pervengono alla nostra Curia segnalazioni da parte di fedeli – anche medici – che lamentano la non attuazione o l’errata attuazione dei protocolli di sicurezza. Di queste segnalazioni noi abbiamo il dovere di tener conto per più ragioni: i fedeli hanno il diritto a Celebrazioni sicure dal punto di vista igienico-sanitario; noi abbiamo il dovere di rispettare questo diritto; ed infine perché, nella maggior parte dei casi, queste segnalazioni denunciano il fatto senza indicare il luogo. In ciò si rivela una volontà positiva e non punitiva e manifesta davvero il desiderio che ogni cosa venga fatta correttamente e per il bene di tutti. In modo particolare non possiamo non tener conto dei suggerimenti che ci giungono dai medici, sia per la loro competenza scientifica sia perché essi sono stati testimoni oculari delle sofferenze causate dal contagio.

Queste segnalazioni riguardano per la maggior parte il modo con cui viene distribuita la Santa Comunione e l’igienizzazione delle mani. Capita, non di rado, infatti, che dopo esserci igienizzate le mani, indossiamo la mascherina (che potrebbe essere inquinata da tracce di virus) o che i Ministri istituiti igienizzino le loro mani prima di essere comunicati e, quindi, distribuiscono la Comunione agli altri dopo aver portato la Particola alla loro bocca con le mani, che quindi potrebbero diventare strumento di diffusione del contagio.

Al fine di ovviare a questi inconsapevoli errori, mi permetto di ricordare quale debba essere la prassi, a cui tutti dobbiamo attenerci:

  • Il Sacerdote si comunica;
  • quindi indossa la mascherina;
  • si igienizza le mani ed indossa i guanti (mai usati prima);
  • poi dà la Comunione, sub utraque al Diacono, ad una sola Specie ai Ministri;
  • Il Diacono ed i Ministri indossano la mascherina, si igienizzano le mani, indossano i guanti (mai usati prima) e solo dopo distribuiscono la Santa Comunione.

I fedeli devono tenere la mascherina sempre, sia che in fila e con il distanziamento di m 1,5 vengano all’altare, sia che rimangano al loro posto e attendano che venga loro portata la Comunione. Tolgono la mascherina solo dopo aver ricevuto il Corpo di Gesù sulla loro mano. Questo vuol dire che nessun avviso di togliere la mascherina deve essere dato prima della ricezione della Comunione. In tal caso, infatti, si esporrebbero le persone al rischio che o un colpo di tosse o uno starnuto divengano potenziale occasione di contagio.

So che queste attenzioni possono apparire “maniacali” rispetto agli assembramenti a cui ormai assistiamo nelle nostre strade, nei locali e sulle spiagge. Tuttavia, il nostro senso di responsabilità, che ci viene dal Vangelo della vita e per la vita, è sempre stato più alto del senso comune e non possiamo abbassare la guardia proprio noi che di quel Vangelo della vita siamo custodi e banditori.

Certo che accoglierete queste indicazioni con lo spirito costruttivo con cui sono state scritte, vi saluto con sensi di viva fraternità sacerdotale e battesimale.

(Mons. Marco Gerardo)
direttore UDL