Giovedì 21 novembre 2019

VIII Assemblea Diocesana

“Il Risorto ci precede, ci chiama a seguirlo e ci invia”

VIII Assemblea Diocesana, mons. Santoro e i rappresentati di tutte le parrocchie, associazioni e movimenti della nostra Arcidiocesi con i loro parroci, si sono ritrovati per approfondire il percorso indicato durante l’omelia di San Giovanni Rotondo “Il Risorto ci precede, ci chiama a seguirlo e ci invia”. In prima fila l’ Arcivescovo emerito Mons. Benigno Luigi Papa e l’ Arcivescovo eletto di Crotone Mons. Angelo Panzetta.

Relazione di S.E. mons. Filippo Santoro
L’amore di Cristo ci precede
Il primo grande punto che mettiamo come architrave del cammino da fare quest’anno è “l’esperienza”. Come l’incontro con il Signore è esperienza che comincia all’inizio della giornata, con la preghiera del mattino. La parola esperienza è illuminata da quell’immagine che don Mimmo Sergio ha preso da Romano Guardini e che dice che diverso è avere la mappa di una Città dal verificare la stessa mappa stando dentro. Allora tu che per es. sei a Londra sai che c’è una bella piazza che si chiama Time Square, quando ci vai di persona è diverso. E poi di lì vuoi andare allla National Gallery. Fai esperienza quando dalla mappa passi a stare sul posto e, stando sul posto, ti orienti. Ti informi sugli autobus che passano, la città diventa tua. Ma allora come la fede diventa mia? Come faceva Gesù, in una familiarità con il Signore. Esperienza e familiarità con il Signore. Familiarità che le domande della vita, le difficoltà della vita mettono in evidenza. Le difficoltà della vita mettono in evidenza il bisogno di salvezza e Lui viene, si manifesta come vuole Lui, come desidera Lui. L’esperienza che si paragona con le domande della vita. L’architrave quindi è il tema dell’esperienza.
Poi, ricollegandomi a quello che ha detto Mimmo, un’espressione: “Vado a Pescare”. Può succedere anche a noi che abbiamo fatto l’incontro ma che sì e no ricordiamo. Vado a pescare significa che è un capitolo chiuso, si da per chiuso il fatto che la fede ci possa riconquistare e che ci conquistino altre cose. Non è vedere la champions, le partite di calcio, il campionato, la salvezza della vita. Alle altre cose, i soldi, le donne, il successo, non sono la salvezza. L’alternativa è il vuoto, è il niente, è il potere. Allora capite che verifichiamo che il Signore ci viene incontro e Lui ci sorprende. Chi lo vede per primo è Giovanni, che si accorge della sovrabbondanza. Anche noi siamo stati sorpresi dalle testimonianze di questa sera. Ci sorprende e allora Pietro ancora si butta. È stato più tardo nel riconoscere, ma più impetuoso nell’aderire. Vado a pescare ma il Signore ci raggiunge anche in questo stato d’animo medio-basso, depresso come quello di Pietro prima della pesca sovrabbondante.
Altro punto importante in questa prospettiva è una ripresa del tema dell’iniziazione cristiana fatta
come esperienza e non come imparare una teoria, arrivare alla cresima e poi andarsene. La cresima è la porta di ingresso alla pienezza della fede, non porta d’uscita. Dobbiamo pensare a un metodo educativo alla fede. L’iniziazione cristiana non finisce con il sacramento della cresima, ma dura tutta la vita.
Terzo punto, lo mettiamo esplicitamente. È attenzione al lavoro, la santificazione attraverso il lavoro, la
dignità attraverso il lavoro, attraverso l’esperienza del lavoro, per cui la questione della cassa integrazione
può essere un rimedio temporaneo, non può essere un rimedio per 10 anni o 20 anni, perché uno si
realizza lavorando, a meno che prende i soldi della cassa integrazione e poi si fa la vigna. La giustizia è che
uno vive di quello che lavora, quindi il lavoro come luogo di santificazione. Il lavoro sia materiale, ma anche
quando uno è insegnante, o quando si lavora in casa, la casalinga, sono tutte le varie forme di lavoro.
Quando uno deve fare il sacerdote deve fare la catechesi e poi altre cose, si può fare meccanicamente
oppure la circostanza in cui le persone vengono e ti interpellano chiedendo una luce (don Angelo preparati
a fare le udienze, a sentire tutti i tipi come mons. Papa faceva, come io faccio) e li senti tutti, e io posso dire
ma chi viene ora, chi non viene, invece noi ci santifichiamo attraverso questo, ci arricchiamo, anche quando
la cosa diventa pesante, si inizia a parlare della Trinità e poi chiedono il posto per loro e peri figli. Uno si
santifica nel lavoro, anche quando è arido e quando è duro.
Altro tema (toccato da Roberto ed Enzo) è il tema della custodia del creato. C’è tutta la problematica
grande della questione tarantina su cui stiamo lavorando. Però è già possibile come diocesi far entrare
subito il tema della cura del creato nella nostra catechesi, come si preparano i bambini ad avere cura
dell’ambiente, ad avere cura del giardinetto che c’è di fronte alla scuola, di fronte alla chiesa, a dire che
questa non è una buona azione, ma è l’amore alla bellezza del creato, quindi nell’itinerario catechetico,
nell’itinerario liturgico. I popoli dell’Amazzonia fanno delle liturgie in cui le piante, i fiori e pure gli animali
entrano nella capanna dove si celebra la messa, il cane, il gatto e gli altri animali entrano tutti. Per dire che
c’è un’unità, allora l’educazione alla cura del creato, alla bellezza è importante, dal punto di vista liturgico e
catechetico. Poi consigli pratici, dobbiamo essere uniti a tutti gli altri, lo diceva Enzo, per esempio nelle
battaglie per la raccolta differenziata, il papa ha dedicato un numero intero a questo nella Laudato sì che
dice di fare attenzione alla raccolta differenziata, al consumo dell’acqua, attenzione al consumo dei mezzi
pubblici. Tante cose che sono aspetti pratici e particolari.
Per ultimo, dopo lavoro e ambiente una parola che riassume tutto, la “carità”, l’amore,
l’amore di Cristo che ci precede, l’amore di Cristo che si manifesta nell’attenzione ai bisognosi, prima a
quelli che ci sono vicini, la famiglia, marito, moglie, il perdono in casa, i figli, “perdere” tempo con i figli. Poi
con i poveri, l’amore di Cristo ci spinge. E qui valorizziamo bene le strutture che abbiamo, valorizziamo
bene il Centro Madre Teresa di Calcutta per i nostri migranti, importantissima quest’opera di accoglienza,
noi siamo per una ragione evangelica spalancati all’accoglienza con, come dice il papa, con prudenza. E poi
il Centro di Accoglienza Notturno, Centro Notturno, mantenere vivo l’interesse, si sono iscritti all’inizio in
150, ora dopo due anni sono 100, è anche un bel numero. Persone, in particolare uomini che passano la
notte lì, è per la carità di Cristo. Poi non è solo passare il tempo, ma essere accoglienti, essere attenti,
persone che accolgono, è molto importante, se uno ha una casa bellissima come il Centro Notturno di San
Cataldo ed è trattato male, perdi tutto. Se invece come succede la maggioranza delle volte è trattato bene,
come si tratta Gesù, e non è facile, allora quello è realmente. Rinverdite nelle vostre parrocchie le adesioni per il volontariato nel Centro notturno di accoglienza, dando del tempo, il tempo che si può, ed essendo fedeli al tempo che abbiamo deciso, perché quella porta, quell’attenzione ai poveri è un’altra forma con cui noi ci santifichiamo, un’attenzione a questo livello.
In tutti e tre passaggi fondamentali dell’anno detti a San Giovanni Rotondo (il risorto ci precede,; poi la chiesa, luogo della vittoria, e la passione per l’annuncio (missione)
punto di riferimento fondamentale è l’esperienza.
Questa si declina nel lavoro, nella cura della casa comune e nella carità.
Noi usciamo di qui contenti e quando uno vive così comunica quello che ha visto, quello
che ha incontrato. Quello che abbiamo visto e udito, quello che abbiamo toccato, le nostre mani hanno
toccato il Verbo della vita. Carissimi fratelli vescovi e sacerdoti, abbiamo toccato il Verbo della vita, lo
abbiamo toccato anche noi questa sera, ci siamo non solo commossi, ma mossi insieme per dare
testimonianza a Colui che la nostra salvezza ed è l’origine di tanta bellezza.
Grazie a tutti voi!

+ Filippo Santoro