Venerdì Santo 10 Aprile 2020

Discorso dinanzi all’effigie del Cristo Morto

Chiesa Maria Santissima del Monte Carmelo Taranto

Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo!

Ieri sera ho vissuto un’emozione incontenibile pregando a nome di tutti voi dinanzi alla Vergine Addolorata, l’atto penitenziale che abbiamo vissuto è stato un’esperienza d’amore, un’esperienza di comunione profonda con ciascuno di voi. Ora accanto alla Vergine Maria guardiamo il sepolcro e il Cristo morto per noi.
Cari amici, i giorni che stiamo vivendo ci portano con violenza e senza appello alle radici della nostra fede, alle ragioni di essa, all’essenzialità del nostro rapporto con Dio. Siamo nel bel mezzo di una parabola che non ci viene raccontata ma nella quale siamo immersi. Non ci lanciamo in analisi sociologiche e antropologiche che pure si spendono e si improvvisano in questi giorni ma ci ritroviamo annunciatori della perenne nuova novella. Dobbiamo avere il coraggio e la profezia di dire: «Alzate il vostro sguardo e contemplate la nostra liberazione è vicina!».
Il virus ci ha privato di ogni sicurezza, di ogni stampella, ci ha fatto assaporare in pochi giorni l’insufficienza del superfluo e dei surrogati dello spirito del mondo. Oggi quelle parole che abbiamo imparato ad utilizzare reputandole espressione di un sistema di comunicazione, ci appaiono sotto la luce cinica e drammatica (virale, influencer etc). In pochi giorni tutta l’umanità vive l’allontanamento dalle sue comunità, dai suoi rapporti famigliari; le nostre parrocchie sono state sparpagliate e ci è stato rivelato il volto fragile della condizione umana.

Sento la fame del popolo e vedo le lunghe file per prendere gli alimenti. Insieme alle istituzioni pubbliche, le parrocchie in questi giorni sono un presidio, un punto di riferimento in questi tempi, più che mai, tanti di voi si stanno prodigando ancora di più per i poveri, gli anziani, i bambini. Ringrazio di vero cuore tutti i volontari, sacerdoti e laici, che si stanno spendendo in questi giorni, prendendo le dovute precauzioni.
Il mio invito in questi giorni è che la Chiesa continui ad essere con le autorità e tutte le persone di buona volontà a servizio del popolo. Non dobbiamo tirarci indietro rispetto ai bisogni reali della gente.
Ripeto anche qui quanto ho detto questa notte dinanzi all’Addolorata che la privazione del Pellegrinaggio, rinunciando non senza dolore ai nostri riti che rappresentano profondamente l’identità della nostra comunità, non deve indurci a vivere meno intensamente la passione di Gesù. Anzi.
In questi giorni infatti stiamo riscoprendo il valore delle cose che avevamo trascurato presi dalla frenesia del quotidiano, abbiamo scoperto che possiamo fare a meno di quello che abbiamo a torto ritenuto necessario; abbiamo riscoperto la bellezza della famiglia.
Ci giungono da più parti le immagini della natura che torna a respirare, i delfini simbolo di Taranto si avvicinano alla costa: dobbiamo rallentare e ricostruire un futuro che non prescinda dal rispetto del Creato, ne abbiamo oggi la possibilità.
Avremo bisogno della collaborazione di tutti. Grande è il peso di questa vicenda sull’economia ma grande è la lezione e dobbiamo impararla: solo se l’uomo è al centro del nostro progetto avremo un futuro degno. L’emergenza presente ci chiede di difendere la vita e la salute come beni supremi, prima di qualsiasi profitto delle imprese e dei consumi compulsivi. Ci chiede davvero di cambiare, di cambiare mentalità e stili di vita. E la lezione più dura e più vera che stiamo imparando è che nessuno si salva da solo!

Il nostro popolo, oltre alla fame del pane, ha fame dei sacramenti. Ha fame di senso, ha fame di Vita, quella Vita che agli occhi di chi non crede finisce solo sul letto di un ospedale lontano dai parenti, dal calore umano.
Fratelli, noi non possiamo dire: «andrà tutto bene» come una sorta di mantra collettivo. Dobbiamo dire qualcosa di più, veniamo dal costato aperto del Signore sulla Croce, siamo quel discepolo amato bagnato dal sangue e dell’acqua. È vero che ci rendiamo presenti via straeming e tv a tutti ma è un segnale pallido, una magra e talvolta frustrante consolazione. Dobbiamo andare in fondo a questa mancanza che grava sul nostro popolo. A noi fratelli carissimi, ci è chiesto di essere con Gesù, nel cenacolo, con Gesù nel Getsemani, con Gesù sotto e sulla croce. A noi tocca il salto della fede che ci spinge a raggiungerlo in Galilea, lontani dal sepolcro ma vicini al luogo della nostra chiamata pronti a ripartire per l’annuncio, pronti ad annunciare.
La fede di Cristo che parlava alle folle ha chiamato però all’adesione personale, al coraggio della propria scelta individuale. Questa prova che non ci saremmo augurati mai di vivere e che non è sicuramente un flagello di Dio, dobbiamo guardarla come una sfida misteriosa e come un elemento di purificazione della nostra fede. Tocca noi, fratelli, annunciare e indicare la meta altra del nostro appartenere a Cristo, tocca a noi la pazzia di annunciare sempre e comunque «non è più qui è risorto!». E il Signore non ci abbandona.

Davanti all’immagine del Dio che muore, vorrei che ci stringessimo tutti insieme a pregare.
Papa Francesco ci ha detto che: «Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi».
Fratelli,
«Nella sua croce – dice ancora il nostro amato papa – siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza».
Cari fratelli come vostro Pastore vi ripeto, in mezzo alla tempesta, affidiamoci al legno della croce gloriosa che ci sostiene e ci salva.